Il lamento

di: Loredano Cafaro

Quando Giacomo Rosta abbandonò il sonno, il suono che aveva invaso le sue illusioni oniriche di amori sempiterni e mai banali fuggì insieme a lui. Un suono flebile e cupo, appena percettibile nel silenzio notturno eppure così vivo, così intenso che nulla avrebbe potuto coprirlo. Un suono forte e chiaro, campana a morto nella notte silenziosa eppure totalmente inesistente, se nessuno si fosse soffermato ad ascoltarlo.

Un lamento.

Giacomo Rosta scivolò fuori dalle coperte e si avvicinò alla finestra, scrutando il buio come un cieco il sole. Poteva percepire distintamente la tragica angoscia e il tetro dolore racchiusi in quel lamento e decise di farli suoi. Aveva sempre condotto una vita solitaria che rasentava la morte, si era lasciato vivere senza mai lottare per non morire. Ma in quel momento qualcuno aveva bisogno di lui e lui non si era mai sentito così vivo.

L’armadio, la porta, la strada. Il suono conduceva Giacomo Rosta come tenendolo per mano, la disperazione che esso esprimeva cresceva e cresceva. L’ombra silenziosa accelerò il passo, il cuore accelerò il battito e dilagò l’ansia di non riuscire ad arrivare in tempo. Per cosa, poi?

Non appena ebbe svoltato in una via nota, Giacomo Rosta comprese con certezza dove fosse diretto e accelerò ulteriormente l’andatura, si affrettò verso l’entrata del Pronto Soccorso del vicino C.T.O. e riuscì a entrare senza che nessuno si curasse di lui, quasi come se lui in quell’istante non fosse esistito se non per ascoltare quel lamento, così come quest’ultimo non sarebbe esistito se Giacomo Rosta non avesse accettato di ascoltarlo.

Le scale, ormai di corsa, con il cuore che sussultava a tempo con il pianto. La porta, la stanza; mentre il lamento risuonava con tale intensità nell’anima di Giacomo Rosta, che non l’avrebbe abbandonato mai più.

Sull’unico letto presente, il corpo senza vita di un uomo anziano dall’espressione triste. Su una sedia vicina, la figura tremolante e segnata dal tempo di una donna dagli occhi bagnati che rigirava fra le dita, come fosse un rosario, la fede nuziale.

«Desideravo soltanto che qualcuno sapesse quanto ci siamo amati» mormorò senza sollevare il capo, chino sul marito.

Giacomo Rosta socchiuse gli occhi, avviandosi lentamente verso la porta dalla quale era entrato, mentre il suo cuore rifletteva sconcertato sull’esistenza di un tale dolore e la sua anima si fletteva su se stessa incerta della propria identità. Uscendo dalla stanza, l’uomo non si stupì affatto quando udì la fede nuziale urtare il pavimento.

Il lamento era cessato.

Tratto dalla raccolta Della Realtà e Del Sogno

Lascia un commento